This is your song #1
Il crooner della critica musicale italiana Maurizio Blatto racconta tutto quello che una canzone nasconde e riverbera, come un romanzo breve, fotogramma dopo fotogramma, nota per nota.
Per ogni incontro, cofirmato dal Circolo della musica, una playlist di memorabili momenti pop narrati in venti minuti di storia e aneddotica.
Wish you were here, Pink Floyd
Tutti l’hanno sentita, almeno una volta nella vita. Iconico capolavoro senza tempo, è la quarta traccia dell’album omonimo del 1975. Dedicato a Syd Barrett, ex del gruppo allontanato da Roger Waters e David Gilmour a causa dei suoi disturbi e dipendenze, quel “tu” (Wish you were here significa «Vorrei che tu fossi qui») è stato oggetto di mille speculazioni. All’inizio pare di sentire varie stazioni radio, come se qualcuno stesse cambiando frequenza nel tentativo di trovare quella giusta – ci sono il passaggio di una commedia radiofonica e un accenno della quarta sinfonia di Čajkovskij: i Pink Floyd volevano creare una sorta di scena, di atmosfera introduttiva. Poi c’è il suono un po’ disturbato di una chitarra acustica, poco dopo un’altra chitarra si aggiunge, col suono più limpido e forte: il mito inizia.