La lingua di Primo Levi
con Ann Goldstein, traduttrice dell’opera omnia di Primo Levi e Gian Luigi Beccaria, linguista, autore di I «mestieri» di Primo Levi (Sellerio)
nell’ambito di Io so cosa vuol dire non tornare. Condividere la memoria. Nel cammino di Primo Levi
Secondo Primo Levi la chimica «è l’arte di separare, pesare e distinguere: tre esercizi utili anche a chi si accinge a descrivere fatti e a dar corpo alla propria fantasia». Per raccontare la verità del vissuto, è necessario essere chiari, diretti, precisi, alla ricerca continua della corrispondenza tra nomi e cose, come quando in principio, prima del degrado e della confusione di Babele, Dio diede un nome a ciascuna delle cose che compongono il Creato.
Quello di Levi è «il linguaggio pacato e sobrio del testimone, non quello lamentevole della vittima né quello irato del vendicatore», non è strumento di giudizio ma prepara il terreno ai lettori: sono loro a dover giudicare ciò che è successo. Accessibile ma non generica, semplice ma non banale, la forma diventa essa stessa parte del contenuto perché rispecchia l’impegno alla precisione dei fatti, la volontà di limpidezza nel racconto, la necessità di linearità morale.