Non si parla mai dei crimini del comunismo
Al di là di semplificazioni e luoghi comuni
presentazione del libro di e con Gianluca Falanga
edito da Laterza
con Carlo Greppi e Giovanni De Luna
Dagli eccidi dei bolscevichi al massacro di Piazza Tienanmen, i crimini dei regimi comunisti non sono stati sconosciuti: non esistono congiure del silenzio per oscurare le violenze fatte in nome della società senza classi. Utile è però capirne le specificità al di là di semplificazioni faziose e sciocche equiparazioni.
✏️ la quarta di copertina
Davvero non si parla mai dei crimini del comunismo? Davvero nessuno ha mai sentito parlare dei milioni di morti prodotti da questa ideologia? Eppure sono stati scritti ‘libri neri’, fondati istituti di ricerca, istituiti musei ed eretti monumenti per ricordare queste vittime. Allora, forse, si tratta di parlarne seriamente.
«Nessuno parla mai dei crimini del comunismo!»: sul serio? Dagli eccidi perpetrati dai bolscevichi al massacro di Piazza Tienanmen a Pechino, i crimini dei regimi comunisti o sedicenti tali non sono mai stati sconosciuti, anche quando si è provato a tacerli o negarli; hanno accompagnato la storia del secolo scorso come un’ombra cupa e assillante, condizionandone il corso. Oggi, oltre 5000 monumenti, musei e memoriali sparsi per il mondo, istituti di ricerca, fondazioni, associazioni di ex prigionieri politici e una letteratura vastissima testimoniano che non esiste alcuna congiura del silenzio a oscurare le violenze commesse in nome della società senza classi. Il problema, in verità, è più serio. Se è vero che in tutti gli Stati comunisti, dall’Urss alla Cina, dall’Angola al Vietnam, dall’Albania a Cuba, si sono riprodotti i caratteri di una violenza che ha la sua matrice nella qualità totalitaria del progetto leninista, dobbiamo capirne le specificità al di là di semplificazioni faziose e di sciocche equiparazioni. Questo libro smentisce immaginari e luoghi comuni di quello che, nel bene e nel male, è stato il più vasto movimento politico del mondo contemporaneo.
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