Senza sbarre
Storia di un carcere aperto
presentazione del libro di e con Cosima Buccoliero e Serena Uccello
edito da Einaudi
con Monica Cristina Gallo e Davide Mosso | modera Bruno Mellano
in collaborazione con Conferenza nazionale dei Garanti territoriali delle persone private della libertà
Può esistere un modello virtuoso di carcere? Un carcere diverso, dove si trova un’umanità che non ti aspetti, dove la pena detentiva mira al reinserimento e non si riduce alla sola punizione. Un carcere modello o un modello di carcere?
✏️ la quarta di copertina
Cosima Buccoliero è stata a lungo vicedirettrice e poi direttrice del carcere di Milano Bollate. Il suo può sembrare un lavoro duro, in cui freddezza e rigore sono i presupposti per avere tutto sotto controllo. Eppure il suo approccio è un altro. Quando ha dichiarato che gli ergastolani nel suo carcere hanno diritto a una camera singola, Buccoliero ha suscitato stupore in chi crede che oltre le sbarre non ci debba essere piú speranza.
Ma questa è la chiave del suo lavoro: accoglienza e umanità. Per lei il carcere è un microcosmo brulicante di vitalità. Ci sono i carcerati, il personale di sorveglianza e medico, i tanti volontari. E le loro famiglie. L’Ambrogino d’oro che ha ricevuto nel 2020 l’ha ottenuto grazie a questo modello virtuoso di prigione: per lei la pena detentiva deve mirare a un reinserimento e non ridursi alla sola punizione. La detenzione non deve perdere la sua funzione rieducativa, altrimenti diventa solo afflizione. Questo libro ci spiega perché.
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