L’ultima cosa bella sulla faccia della terra
Se la vita finisce quando si viene al mondo
presentazione del libro di e con Michael Bible
edito da Adelphi
con Elena Varvello e Fabio Geda
Nel 2000, ad Harmony, Stati Uniti del Sud, Iggy si dà fuoco in chiesa, ammazzando venticinque persone. Nel 2008, a poche ore dall’esecuzione, il colpevole, un ragazzo come tanti, sbandato, sballottato, vivrà o rivivrà o sognerà momenti di vita alternativa. La sua è già finita un milione di volte. È finita quando è venuto al mondo.
📌 ingresso libero fino a esaurimento posti
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✏️ la quarta di copertina
Una domenica d’estate del 2000 Harmony, cittadina del Sud degli Stati Uniti, è teatro di una tragedia. Iggy, un giovane del posto, entra in chiesa con una tanica di benzina per darsi fuoco, come quei bonzi in $amme che ha visto in rete. Le cose andranno diversamente, e nell’incendio periranno venticinque persone. La narrazione si apre nel 2018, quando ascoltiamo alcuni abitanti di Harmony, quasi un antico coro, che ancora si arrovellano sui fatti e ne danno interpretazioni contrastanti. Segue il racconto del colpevole, un ragazzo come tanti, sbandato, sballottato, che si esprime con i soli rimedi estremi alla portata: alcol, droga, sesso, amore, violenza. La decisione di compiere quel gesto si carica a ritroso di mille sfaccettature. Ma l’ora dell’esecuzione si avvicina. Gli ultimi giorni, le ultime ore, Iggy vivrà o rivivrà o sognerà momenti di vita alternativa. La sua è già finita un milione di volte. È finita quando è venuto al mondo. È strano esistere così. La sensazione di muoverti in avanti ma di poterti soltanto guardare alle spalle. Non gli restano più sogni. È scomparsa tutta la paura. La narrazione riprende nei capitoli seguenti dal punto di vista di tre figure coinvolte, o sfiorate, ma indelebilmente segnate dalla vicenda, intrecciando stagioni anche lontane nel tempo, con smottamenti temporali degni del miglior Faulkner. Michael Bible è un giovane scrittore e ha già un mondo, una poetica e una voce, che qui modula con sapienza per prestarla ai suoi dolenti portavoce, imbastendo una visionaria ballata tragica, succinta, calibratissima, carica di poesia concreta, creaturale, piena d’accenti biblici, con la quale sembra intenzionato a prendere il testimone direttamente dalle mani di Flannery O’Connor.