mercoledì 12 giugno 2024 | ore 21:00il Circolo dei lettori, via Bogino 9, Torino

LXXVIII Premio Strega

Incontro con i finalisti: Paolo Di Paolo (in videocollegamento), Donatella Di Pietrantonio, Tommaso Giartosio, Raffaella Romagnolo, Chiara Valerio e Dario Voltolini

conduce Miriam Massone

Sin dalla nascita, il Premio Strega è stato indice dei gusti letterari degli Italiani. I libri premiati, dal 1947 a oggi, raccontano il nostro Paese documentandone la lingua, i cambiamenti, le tradizioni. E continua a farlo anche quest’anno per la sua LXXVIII edizione.
E, come da tradizione, anche quest’anno il Circolo dei lettori accoglie i finalisti, per conoscere storie, ispirazioni, autrici e autori. 

Strega Tour è promosso da Fondazione Maria e Goffredo Bellonci, Liquore Strega e BPER Banca


Paolo Di Paolo Romanzo senza umani (Feltrinelli)

Proposto da Gianni Amelio:
«La Storia può diventare romanzo? Mauro Barbi, storico di professione, ha dedicato anni di studio allo stesso, remoto evento: la piccola era glaciale che nel tardo Cinquecento ha investito il territorio del lago di Costanza, in Germania. Nel frattempo, nell’era del grande caldo, è come se lui stesso si fosse congelato, e congedato dalle persone che hanno popolato la sua esistenza. È così che intraprende un viaggio: torna dopo anni proprio lì, su quel lago. Senza un vero motivo, se non quello – forse inconsapevole – di essere di nuovo presente a sé stesso. Con una lingua letteraria che colpisce per intensità, nel suo Romanzo senza umani Paolo Di Paolo affronta ancora una volta, e in modo molto originale, le domande fondanti della sua narrativa, a partire dal valore e dalla sostanza della memoria: “Cosa ricordano, gli altri, di noi?”. Un romanzo stratificato, denso e ironico, che riesce ad attraversare, lungo un viaggio, i nodi di un’intera vita, e un po’ di tutte le vite. Il rapporto con i maestri, con il corpo che si riscopre nella nudità, in un centro termale che fa pensare a Thomas Mann. E ancora, gli atti mancati che paralizzano. I pomeriggi che restano, come il presente, che è l’unica ricchezza. E anche il rapporto con ciò che studiamo, con lo scopo che diamo alla nostra esistenza, fino a dimenticarci di viverla. Al protagonista capita di raccontare – in pagine esilaranti – quella remota era glaciale nello spazio di pochi secondi di un affollato talk show televisivo. Tante domande e tanti incontri umanissimi, a dispetto del titolo. Fino a scoprire, sul piano del metaromanzo, che la possibile via di uscita, il vero gesto di coraggio, è l’atto stesso di scrivere.»

 

Donatella Di Pietrantonio L’età fragile (Einaudi)

Proposto da Vittorio Lingiardi:
«L’età fragile non è un’età della vita, è la vita stessa. La memoria che non può nascondere il dolore, la solitudine dopo la separazione, la colpa per la sopravvivenza. La vita dura come un sasso che Donatella Di Pietrantonio riesce a levigare con le mani sicure della sua scrittura. L’età fragile è la storia di una famiglia sospesa nel segreto del trauma, parole mai dette rinchiuse nel cuore di una montagna d’Abruzzo che è insieme psiche e paesaggio. L’età fragile è il romanzo di una madre che non trova respiro, stretta tra la severità del padre e il silenzio della figlia. Un libro che raccontando il dolore lo cura, perché a scriverlo è una donna che conosce il miracolo delle parole e il sangue delle ferite. Per questo è il mio candidato al Premio Strega.»

 

 

 

Tommaso Giartosio Autobiogrammatica (minimum fax)

Proposto da Emanuele Trevi:
«La lingua, e il rapporto intimo che ogni scrittore instaura con le parole della sua vita, quelle che lo hanno formato e ne hanno scandito il percorso intellettuale e umano, sono stati per lungo tempo confinati al mondo della saggistica e della critica letteraria. In Autobiogrammatica, con la sapienza e la profondità che da sempre connotano la sua scrittura, Tommaso Giartosio li trasforma nel cuore e nel motore di un testo che è al contempo romanzo di formazione e memoir, cronaca famigliare e autoritratto, dizionario pubblico e privato: un’impresa che a me sembra preziosa quanto necessaria.»

 

 

Raffaella Romagnolo Aggiustare l’universo (Mondadori)

Proposto da Lia Levi:
«Aggiustare l’universo. Titolo impegnativo per un romanzo. Qui però non si tratta di un piano apocalittico, ma di un piccolo compito privato all’insegna di una pazienza che ha il suo simbolo esterno nella riparazione di un vecchio e scassato gioco meccanico. Compito piccolo per modo di dire. È un’intera vita umana rinchiusa su sé stessa che ha bisogno di essere aggiustata. Per affrontare questa drammatica impresa, da una parte c’è Gilla, una giovane insegnante rifugiata in un paese di campagna per ripararsi dai bombardamenti della città e dall’altra c’è Francesca, una bambina intelligente e capace che però non parla e che arriva ogni giorno in classe da un vicino orfanotrofio. È l’impenetrabile silenzio di questa alunna e il mistero che la circonda a spingere la sensibile educatrice ad accorrere in suo aiuto. Pagine e pagine di eccellente letteratura scorrono per arrivare a districare il drammatico segreto che ha spezzato una famiglia negli anni della guerra e della persecuzione contro gli ebrei. E Raffaella Romagnolo è perfettamente riuscita in un lavoro di ricerca meticoloso e originale. Non è questo però l’unico merito del romanzo, quello che colpisce ancora di più è la suggestiva tecnica che l’autrice adotta per “raccontare”. La storia è narrata da una moltitudine di personaggi ma non, come quasi sempre succede, come punti di vista differenti di uno stesso avvenimento. No, ognuno di loro ci offre uno scorcio di sé su episodi e tempi diversi. Non si afferrerà il collegamento se non alla fine, con i fili che cominciano a intrecciarsi in una storia affascinante in cui la piccola muta è perno centrale. E sarà nientemeno che un gatto la chiave che permetterà di riemergere dal dramma. Sono tutte queste motivazioni che mi spingono ad appoggiare un libro secondo me riuscitissimo e meritevole della massima attenzione.»

 

Chiara Valerio Chi dice e chi tace (Sellerio)

Proposto da Matteo Motolese:
«Delle persone che ammiriamo, che desideriamo, anche prossime, non sappiamo che quello che vediamo. Pochissimo, quindi. È così anche per Vittoria, una donna piena di angoli bui che negli anni Settanta arriva a Scauri, un paese del basso Lazio dove sa che non incontrerà persone della sua vita precedente. Vittoria a Scauri arriva accompagnata da una ragazza, Mara, che è così giovane da poter essere sua figlia ma che sua figlia non è. Con lei Vittoria convive per vent’anni. Aprendo una pensione per cani, nuotando ogni mattina, passando con leggerezza il tempo in una vita che sembra al di sotto delle sue qualità. Ma quante persone così capita di incontrare? Tutti la osservano, in paese; negli anni, la sua figura elegante diventa familiare, le domande si quietano. Poi un giorno Vittoria viene trovata morta nella sua vasca da bagno. Una fine improbabile, che il paese accetta perché sa capire le disgrazie e tace. È da qui che inizia il romanzo. Dalla telefonata che l’avvocata Lea Russo riceve nel suo studio mentre è alle prese con un piccolo caso di rissa tra minori. Chiara Valerio sceglie la forma dell’inchiesta, dell’indagine per scrivere un romanzo di rara intensità, ritmato con straordinaria sapienza narrativa, sull’ambiguità dei nostri desideri, su come ciò che sappiamo degli altri – quelli che ammiriamo, che amiamo – ma anche di noi stessi sia un orizzonte sfuggente, parziale, sempre in movimento. Per queste ragioni sono lieto di presentare questo romanzo per l’edizione 2024 del Premio Strega.»

 

Dario Voltolini Invernale (La nave di Teseo)

Proposto da Sandro Veronesi:
«Ci sono libri così belli da sbalordire. Cos’hanno in più degli altri? Magari l’autore ha già scritto altri libri molto belli, è una figura nota, apprezzata, i suoi punti di forza sono ben conosciuti e la qualità della sua scrittura non dovrebbe sorprendere nessuno: eppure in quei libri lo fa, sorprende, sbalordisce. Perché? Perché tutt’a un tratto sembra che quell’autore sia nato per scrivere quel determinato libro, e che tutti gli altri che ha scritto prima non siano stati altro che un passo per arrivare a scriverlo? Io non so rispondere a queste domande, ma so che ogni volta che apro un libro, ogni santa volta, in cuor mio spero che si tratti di uno di quei libri, così da ritrovarmi ancora una volta sbalordito per la bellezza e confuso in questo mistero. Invernale di Dario Voltolini è uno di quei libri. La bravura di Voltolini è nota. La luminosità della sua scrittura è nota. La genialità del suo modo di raccontare il mondo è nota. Eppure nessuno dei suoi libri precedenti mi aveva sbalordito come questo – ed è per condividere il mio sbalordimento che ho deciso di presentarlo per l’edizione 2024 del Premio Strega. È un libro che parla di nostro padre, sapete. Del nostro padre macellaio che esce dalla cella frigorifera con la bestia sulla spalla, che le mozza la testa col coltellaccio e che grida solo per un istante sopra al vocio della gente quando per sbaglio si stacca un dito con un fendente. Ricordate? Parla del padre di noi tutti, invincibile, invulnerabile, che lavora senza sosta mentre noi studiamo; del nostro padre generoso che regala la carne agli zingari; del nostro padre immortale che si ammala e muore, d’estate, ancora giovane, lasciandosi dietro un tempo supplementare lungo ormai più di quarant’anni nel quale continua a sfrecciare nei nostri sogni al volante della sua Lancia. Parla di Gino, questo romanzo bellissimo, di nostro padre Gino Voltolini.»

 


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