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mercoledì 26 marzo 2025 | ore 21:00il Circolo dei lettori, via Bogino 9, Torino

Passeggiata sull’Himalaya

Un suggestivo viaggio alle pendici dell’Himalaya e dentro se stessi

presentazione del libro Adelphi di e con Jamaica Kincaid
con Marta Barone e Martino Gozzi

La scrittrice, appassionata di piante e fiori, intraprese un’avventura sulle montagne dell’Himalaya con tre esperti alla ricerca di semi da coltivare nel suo giardino del Vermont. Tra paesaggi mozzafiato, pericoli e incontri inaspettati, l’esperienza si trasformò in una riflessione sulla bellezza, l’identità e sul bisogno di unire l’altrui al proprio mondo.
l’evento è reso accessibile in LIS – Lingua dei Segni Italiana


📌 ingresso libero fino a esaurimento posti

👀 con la Carta Io leggo di Più puoi prenotare il tuo posto, nelle prime file: scrivi a info@circololettori.it o chiama 011 8904401


✏️ la quarta di copertina

La passione di Jamaica Kincaid per piante e fiori risale a quando, ancora bambina, mentre impara­va a leggere sulla Bibbia, ha esplorato il suo primo giardino, l’Eden. Scaturita prima che avesse fami­liarità «con quell’entità chiamata coscienza» e poi tenacemente coltivata, tale passione l’ha portata an­ni dopo a intraprendere in compagnia di tre bota­nici un viaggio sulle colline pedemontane dell’Hi­malaya, alla ricerca di semi da piantare nel suo giar­dino del Vermont. Tre settimane di faticoso cam­mino, fra paesaggi sempre mutevoli, di una bellez­za vertiginosa e allarmante – inquietanti strapiom­bi a pochi centimetri dai piedi, improvvisi sbalzi di temperatura, le onnipresenti sanguisughe, guerri­glieri maoisti mai indulgenti con chi proviene da­gli Stati Uniti –, che hanno dato vita a questo picco­lo libro, solo in apparenza diverso dai precedenti, dove la prosa di Kincaid conserva la stessa «sponta­neità sontuosa» che le aveva attribuito una volta, con calzante precisione, Susan Sontag. Una spon­taneità che le permette di gettare, anche se solo di sfuggita, uno sguardo radente sugli effetti perdu­ranti e duraturi del colonialismo, ma anche sul sen­so più nascosto dell’esistenza, in un ambiente che – come quello himalayano – annienta le nostre no­zioni di spazio e di tempo.