mercoledì 9 giugno 2021 | ore 18:00il Circolo dei lettori, via Bogino 9

Sanguina ancora

L’incredibile vita di Fëdor Dostoevskij

presentazione del libro di e con Paolo Nori
edito da Mondadori
con Petunia Ollister

I posti in sala sono limitati, la prenotazione è obbligatoria
(chiama +39 011 8904401 o scrivi, specificando nomi
e recapiti telefonici dei partecipanti, a info@circololettori.it). È obbligatorio:

> all’ingresso compilare e firmare un’autodichiarazione
(la trovi in Accoglienza oppure puoi scaricarla
qui e portarla già compilata);
> indossare la mascherina anche in sala
(dispositivo medico: chirurgica o FFP2; no mascherina di stoffa).

Tutto comincia con Delitto e castigo, un romanzo che Paolo Nori legge da ragazzo: è una iniziazione e, al contempo, un’avventura. La scoperta è a suo modo violenta: quel romanzo, pubblicato centododici anni prima, a tremila chilometri di distanza, apre una ferita che non smette di sanguinare. “Sanguino ancora. Perché?” si chiede Paolo Nori, e la sua è una risposta altrettanto sanguinosa, anzi è un romanzo che racconta di un uomo che non ha mai smesso di trovarsi tanto spaesato quanto spietatamente esposto al suo tempo. Se da una parte Nori ricostruisce gli eventi capitali della vita di Fedor M. Dostoevskij, dall’altra lascia emergere ciò che di sé, quasi fraternamente, Dostoevskij gli lascia raccontare. Perché di questa prossimità è fatta la convivenza con lo scrittore che più di ogni altro ci chiede di bruciare la distanza fra la nostra e la sua esperienza di esistere. Ingegnere senza vocazione, genio precoce della letteratura, nuovo Gogol’, aspirante rivoluzionario, condannato a morte, confinato in Siberia, cittadino perplesso della “città più astratta e premeditata del globo terracqueo”, giocatore incapace e disperato, marito innamorato, padre incredulo (“Abbiate dei figli! Non c’è al mondo felicità più grande”, è lui che lo scrive), goffo, calvo, un po’ gobbo, vecchio fin da quando è giovane, uomo malato, confuso, contraddittorio, disperato, ridicolo, così simile a noi. Quanto ci chiama, sembra chiedere Paolo Nori, quanto ci chiama a sentire la sua disarmante prossimità, il suo essere ferocemente solo, la sua smagliante unicità? Quanto ci chiama a riconoscere dove la sua ferita continua a sanguinare?

 

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