Un torinese del Sud: ripensare l’Italia con Carlo Levi
con Giuseppe Provenzano, Ministro per il Sud e la Coesione Territoriale, Giampaolo D’Andrea, Consigliere per le relazioni istituzionali e sindacali del Ministro Dario Franceschini, Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, Paolo Albano, Presidente e fondatore Associazione Letti di Sera, Simona Bonito, Direttore Associazione Letti di Sera, Giulio Biino, Presidente Fondazione Circolo dei lettori di Torino, Elena Loewenthal, Direttore Fondazione Circolo dei lettori di Torino
con la testimonianza di Stefano Levi della Torre, pittore e saggista
modera Giorgio Zanchini, giornalista
Carlo Levi è stato un intellettuale e un artista capace come pochi altri di sfuggire ai canoni, ai confini mentali, agli stereotipi. Sempre aperto alla scoperta della bellezza nei luoghi che ha raccontato e ritratto così come nell’umanità che li abitava, aveva sul mondo uno sguardo profondo ed empatico. Da Torino, dove nacque nel 1902, arrivò nel 1935 in Lucania, ad Aliano, paese di confino arroccato sui calanchi. Una metropoli e un minuscolo paese, punti lontani sulla complessa mappa dell’Italia, che simboleggiano due punti cardinali del nostro Sud e del nostro Nord: due realtà da ripensare profondamente, specialmente oggi.
L’incontro di oggi vuole essere il primo tassello di un progetto di ampio respiro, un invito a ripensare a livello sociale, culturale e umano il rapporto tra Sud e Nord attraverso l’esemplare parabola intellettuale di Carlo Levi. Tutta l’opera leviana, infatti, parte e arriva da un luogo, in un luogo. Cristo si è fermato a Eboli è elemento di una sorta di trilogia di
cui fanno parte Tutto il miele è finito, dedicato alla Sardegna, e Le parole sono pietre, che racconta la Sicilia. Ma anche L’orologio e Paura della libertà sono racconti che nascono da una geografia ben precisa, da luoghi che sono ispirazione e ragione della scrittura.
Ripensare il rapporto fra Sud e Nord Italia attraverso Carlo Levi e la sua opera può fornire strumenti di pensiero utilissimi specialmente in questo momento di diffuse incertezze perché significa guardare anche agli equilibri geografici, umani e culturali. Può essere una occasione per immaginare, insieme, una nuova mappa del nostro mondo e dei nostri rapporti.